Marta Rossetto

Marta Rossetto

Corso online Scrittura Creativa

gatto-aliLa fiaba di Marta

C’era una volta un gatto ciccione. Si chiamava Spenky ma per tutti era ” Succo di pulci”. Era nero con una grande chiazza bianca sul dorso. Era un animale che amava mangiare più di ogni altra cosa. La sua padrona Luisa gli preparava sempre dei succulenti pranzetti a base di primo, secondo ed anche dessert. Perché dovete sapere, cari bambini, che il cibo che Succo di pulci amava più di tutti era il cioccolato: fondente, al latte, bianco, con le nocciole o con il riso soffiato. Qualsiasi tipologia di cioccolato a lui andava bene. Ne era letteralmente ghiotto.

Spenky viveva con la sua anziana padrona da molto tempo ed ormai era abituato ad una vita piuttosto sedentaria. Passava dal letto al divano, dal divano alla sedia e dalla sedia alla zona cibo dove lo aspettavano ad ogni ora ciotole piene di residui di cibo e di crocchette. Questo grazioso gattone aveva due sogni: vivere in una cioccolateria e… volare! Si, avete capito bene: Volare!  Guardava sempre  documentari in televisione e provava invidia per tutti quegli uccelli che si libravano liberi nel cielo, mentre lui  era inchiodato in una casa. Questo anche perché era talmente grasso da non riuscire neppure a muovere un  passo. Si trascinava per i corridoi e spesso si arenava contro il muro a causa della stanchezza e del fiato corto.

Succo di pulci, chiamato così dagli altri amici gatti perché un’estate aveva preso le pulci e Luisa aveva dovuto togliergliele tutte ad una ad una, sognava di volare libero nel cielo azzurro come tutti quei volatili che anche in giardino vedeva e che, per invidia, cercava di acchiappare e privarli delle loro ali.

Un giorno, Succo trovò in giardino un gabbiano senza vita. Lo guardò fisso e si rattristò all’idea di una vita spezzata. Pensò di sotterrarlo sotto il salice piangente, luogo adatto per un eterno riposo e si accinse a farlo quando, però, gli venne in mente un’idea geniale! Tenete orecchie aperte: Il gabbiano poteva essere la sua occasione per volare e realizzare il suo sogno. Lo prese, lo portò in casa e sotto gli occhi stupiti di Luisa, se lo legò sulle spalle.

Restò così in quella strana posizione per un po’ di tempo, poi prese dalla ciotola una tavoletta di cioccolato che gli era avanzata dal pranzo, la ingoiò in un sol boccone e si avvicinò alla finestra. Luisa lo guardava stupita ed incredula ma conoscendo il suo piccolo amico, lo lasciò fare pensando che volesse solo mettersi un po’ in mostra. Succo di pulci prese una rincorsa, chiuse gli occhi e si gettò fuori della finestra. Cominciò a sbattere le ali del gabbiano che portava sulle spalle e volò.

Aprì gli occhi di scatto, si guardò intorno sempre continuando a muovere le ali dell’amico; guardò verso il basso e vide in lontananza  casupole piccole piccole che erano la sua città. Per l’emozione pianse tante lacrime che scesero come pioggia dal cielo. Stava volando, il suo sogno si stava realizzando! E per il gabbiano era come tornare a vivere!

Finalmente aveva realizzato il suo sogno. Con tanto impegno, un po’ di fantasia e tanta voglia di provarci, Spenky in compagnia dell’angelo custode che aveva trovato nel gabbiano, ci riuscì e come lui potete fare anche voi bambini. Ovviamente non attaccandovi delle ali finte sulla schiena ma potrete comunque volare.

Con la fantasia prima di tutto come ho fatto io raccontando questa storia.

O più semplicemente con l’aereo, con la mongolfiera o con l’aliante…

Francesca Lo Sauro

Francesca Lo Sauro

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donna-nel-soleEsercizio del “se fossi..”

Se fossi fuoco farei bruciare tutte le azioni cattive che un uomo può compiere.

Se fossi terra produrrei quegli alimenti necessari a saziare i bisognosi.

Se fossi il sole riscalderei con i miei raggi ogni parte della terra anche quelle più fredde.

Se fossi vento spazzerei via tutte le ingiustizie del mondo.

Se fossi il Presidente della Repubblica governerei per apportare sviluppo economico all’Italia.

Se fossi un milione di euro farei felice i miei cari.

Se fossi un’aquila librerei sempre più in alto nel cielo e sarei libera.

Se fossi un albero con le mie fronde potrei essere il riparo di tanti animali.

Se fossi acqua abbonderei in quei paesi dove c’è tanta siccità.

Se fossi la mio vicina di casa cercherei di stare un po’ più zitta e penserei più a me stessa.

Se fossi una ballerina realizzerei uno dei miei sogni da bambina.

Se fossi il capo di tutte le televisioni eliminerei tutti i film più violenti.

Se fossi un giornale pubblicherei solo le belle notizie.

 

Se fossi il mare con le mie onde produrrei tutto lo iodio necessario per far respirare i bambini asmatici.

Dalia Fortini

Dalia Fortini

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orpheus_and_eurydice-large-hahaOrfeo e Euridice: Esercizio del corso

Non turbarti, volevo dirti il vero, non turbarti.Ho potuto rivederti e guardare le tue ampie spalle, erano lì, così vicine, e il desiderio di stringerti a me faceva capolino a ogni piccolo passo, bramavo di dirti: non preoccuparti.

Forse non troverai senso in inutili quanto sentimentali parole di donna, ma per me, rivedere il tuo viso, solo un istante, ha valso una vita intera. L’inferno non è quello che credi, non c’è dolore, non c’è ansia, solo un eterno scorrere di inutili minuti; potrò perciò ritornare con la mente a quell’unico e solo istante. Ti sei girato e la sofferenza sul tuo viso ha fatto ridestare in me la voglia di vivere e, allo stesso tempo, mi ha fatto vedere l’ingiustizia di ciò che stavamo tentando di recuperare. Perché tu, Orfeo, senza la tua musica e senza la tua pena a nulla vali, e il tuo valore non può essere sminuito per amore. Non te l’avrei permesso, ma ansiosa camminavo dietro te, in attesa di vedere il tuo sguardo colmo di tenerezza e passione. Cosa non si fa per amore, adorato Orfeo. Il canto della tua lira e il dolce suono della tua voce hanno stregato dee e fatto infuriare divinità, ma mai nessuno ha osato contraddirti, nessuno mai. E ora tu cedi alla vigliaccheria per amore, supplichi di riavermi indietro e non sai, non sai, amore mio, quanto per me la tua esistenza sia più importante di qualsiasi fiore in boccio in primavera, qualsiasi rondine che si sposta in cerca di stagioni tiepide. La mia morte Orfeo, per la tua vita, io l’avrei data, perciò non mi far piangere, diletto, torna lassù dove il sole sorge ogni mattina, ma non dimenticarmi. Perché Eros, con i suoi puntigliosi inviti, ci ha incatenati, e l’amore vero, oh amato, l’amore vero è fatto d’anima, non d’altro. E chi non pensa così non ha mai amato. Non hai bisogno del mio volto per amarmi, ciò che desideri è il mio ricordo sempre vivo. Non angustiarti, non mi hai tradita, ti conosco; non odiare gli dèi per l’ingiustizia subita, poiché tu sarai ricordato grande e musico. Forse che le tue avventure non ti basteranno? Sarò con te. Forse che la rugiada non ti darà ristoro? Sarò con te. Guardami, volgiti e dammi il respiro che mi è mancato nell’Ade, ridonami la consapevolezza di essere amata, ché non c’è pienezza in una donna se non è amata dallo stesso uomo per l’eternità. E mi amerai tu, te lo ordino e supplico, mi amerai perché non c’è altra come me, che darebbe l’anima sua per un sorriso dolciastro e amaro, per un colpo di frusta, per uno schiaffo. Giuro, non c’è altra.

Il ricordo fortifica l’animo; non ti abbandonerò alla sorte infausta, ma intercederò per te presso il regno dei morti, affinché da quaggiù tu venga protetto, perché il tuo destino mi è caro. Questo posso prometterti, il mio spirito aleggerà avvolgendoti quando suonerai e affascinerai chi, intorno a te, si riunirà per ascoltarti. E ti ascolteranno, amore.

Non piangere. So che sta piangendo, vorrei che potessi sentire le mie grida; lacrime per quella che tu credi una perdita, non voglio vederne sulle gote mascoline.

Ti dico, invece, Orfeo, che il tuo errore ti è valso la gloria eterna, ed è quella che il nostro amore cerca, l’eternità. Non è vero che le tue labbra si posavano sulle mie in una promessa senza fine? Non è vero che le tue mani stringevano le mie nella fiducia del per sempre? Non accetto menzogne, ciò che hai scelto è oltre la vita: sei mio.

Scriviamo la nostra vicenda nel cielo; la storia parlerà del nostro amore. Dimentica perciò il dolore del cuore, e apprestati all’elevazione dell’animo. Non c’è vero amore nel tempo, non c’è verità senza agonia. Ricordati di me e le generazioni future non si scorderanno mai di noi. È questo che conta, che ciò che ci lega non abbia mai fine, lontani o vicini.

Mirco Fraioli

Mirco Fraioli

pianetiCorso online Scrittura Creativa

Da Vezia

Vezia, situato in una lontana galassia nell’intorno della stella Vega, nella costellazione della Lira, è un pianeta molto simile alla città di Venezia, immerso in una laguna d’acqua dolce. Qualche tempo prima, 3 valorosi astronauti del suddetto pianeta, intrapresero un viaggio verso un altro mondo abitabile del sistema solare, nella galassia della Via Lattea. Questo fu reso possibile dall’alta tecnologia che il pianeta vanta, unito alla relativa vicinanza, in termini astronomici, alla Terra, ovvero soli 25 anni luce. Nonostante il grande progresso di Vezia, sebbene il loro efficientissimo paratelefono, un telefono dotato di una mini-parabola, potesse prendere a migliaia e migliaia di kilometri, Jim, Mark e Ping nulla poterono di fronte al vento solare. I 3 astronauti vennero deviati con le loro navicelle in direzioni diverse e si persero inevitabilmente.

Jim, finì sulla Terra e se la vide con squali e altri temibili pesci, ma alla fine, in virtù della strepitosa capacità degli abitanti di Vezia di cavarsela molto bene con le grandi masse d’acqua, riuscì a scamparla. Il riposo, però, duro appena qualche ora, il tempo di radunare rinforzi e ripartire per il sistema solare, alla ricerca dei 2 amici.

Nel frattempo, Mark, se la stava vedendo brutta, alle prese con un caldo torrido, disorientato in uno sconfinato paesaggio, buttato su un terreno pieno di sabbia rossa.

Il paratelefono da loro posseduto, benché resistente a temperature estreme, sia in un senso che nell’altro, sebbene anche la sua estrema resistenza all’acqua, nulla poteva contro il sale. Fortunatamente però, prima che il paratelefono di Jim andasse fuori uso, riuscì a colloquiare con i suoi compagni e a capire dove si trovavano: uno, disperso in un gran deserto rosso, l’altro, Ping, in un territorio completamente ghiacciato.

Dopo varie ipotesi, Jim e i suoi compagni  giunsero alla conclusione che Marte sarebbe potuto essere il pianeta dove Mark e Ping si siano diretti in seguito a quell’incidente. Infatti Marte, il pianeta rosso, poteva corrispondere al deserto rosso descritto da Mark, mentre i ghiacci alle estremità facevano pensare più al territorio descritto da Ping. Dopo vari tentativi di contattare i 2 dispersi, un certo clima di sfiducia cominciò a diffondersi; infatti non si ebbe nessuna risposta e il clima di Marte, piuttosto freddo, portò a escludere la possibilità di trovarvi Mark.

Duran durante Mark e Ping avevano ormai perso le forze ed entrambi caddero quasi simultaneamente al suolo. Le tute spaziali erano quasi distrutte e, il rischio che la diversa composizione chimica dell’aria potesse penetrare fatalmente all’interno del casco, ormai notevolmente provato, aumentava inesorabilmente. Come se non bastasse, a prescindere, la riserva del loro gas vitale presente nelle bombole era ormai ridotta al minimo.

A questo punto tutto sembrava perduto e, Jim, vide in lontananza la Terra, immersa tra il rossastro dell’atmosfera marziana; si perse a guardarla e, inconsciamente, si fermò su alcuni particolari che gli fecero balzare alla mente una nuova supposizione. Notò infatti che anche la Terra presentava dei territori ghiacciati alle estremità, si accorse tra l’altro che non era tutto mare e oceani, come la quasi totalità del loro pianeta. Fece immediatamente due più due e azzardò l’ipotesi che forse erano tutti finiti sulla Terra, ma in posti completamente diversi. Per Jim e gli abitanti di Vezia non era così intuitivo fare certe ipotesi, in quanto sul loro pianeta, il paesaggio era tutto uguale, una immensa laguna insomma, di conseguenza il clima era sempre lo stesso, variava solo periodicamente nel tempo, in base alle stagioni, ma non da luogo a luogo.

L’intuizione di Jim fu esatta, infatti scoprirono che Ping era capitato nella parte nord della Terra, l’Artide per intenderci, mentre Mark, nell’immenso deserto del Sahara. Proprio in extremis tornarono tutti sani e salvi su Vezia.