Gabriele Porrelli ha una personalità estremamente versatile, ha infatti frequentato diversi corsi della PC Academy:
Master in Aula in Grafica Pubblicitaria ed Editoriale
Workshop di Fotografia di Architettura e Paesaggio Urbano
e proprio in occasione del Workshop di Fotografia di Architettura ci ha colpiti con una serie di scatti d’eccezione!
Ve li proponiamo qui con i suoi commenti e descrizioni.
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Fotografie – Diurno
Il lavoro svolto nel corso dell’incontro diurno l’ho incentrato sul tema della decontestualizzazione/contestualizzazione.
Le foto vogliono rappresentare l’architettua del luogo cercando di decontestualizzarla, quasi elevandola ad archetipo; nello stesso tempo cercano di radicare quest’architettura nella realtà nella quale si trova, senza offrire troppi elementi di distrazione ma suggerendone pochi e significativi, utili a raccontare il rapporto dei volumi con lo spazio circostante.
Si gioca su una composizione geometrica ed equilibrata basata su solide linee di forza che si contrappongono.
La diagonale principale è sorretta e fissata dalle due chiome contrapposte che fungono sia da cornice “grafica” sia da testimoni del contesto entro il quale il palazzo si trova. Grazie alle chiome capiamo dove si trova l’osservatore e dove si trova l’architettura, pur avvertendo un senso di distanza tra essa, mancando molti elementi che avrebbero potuto radicare ancora di più nella realtà la scena rappresentata.
Un dettaglio della foto precedente. L’importanza che assegno al ruolo della geometria come guida per l’osservazione e come musa ispiratrice per i miei scatti, qui è palese. Ho giocato comunque su una composizione grafica, lo sfondo, dato dalle vetrate, risulta quasi completamente snaturato e l’albero, posto in maniera obliqua, diviene un mero elemento grafico la cui identità è ovvia e riconoscibile ma che vede sacrificata quest’identità al solo ruolo di attore estetico ed estetizzante della composizione, senza alcun richiamo reale. Cerco l’equilibrio compositivo anche in situazioni estreme e destabilizzanti, giochi ottici innaturali dove l’occhio si perde in un contesto irreale creato da un diverso modo di vedere la realtà.
E’ un dettaglio di una foto scattata che ritraeva il palazzo per intero. Lo scopo dello scatto e dividere le texture che caratterizzano la scena. La linea di demarcazione è lo spigolo della struttura, una linea che divide la staticità e la regolarità dominanti nella parte sinistra dell’immagine, dal dinamismo delle vetrate, distorte da una prospettiva che le infittisce e le riduce all’infinetesimo, le accompagna al nulla, al vuoto del cielo.
E’ il cielo che ci permette di ancorare il soggetto ad un’idea reale di esso, il cielo ci offre il contesto di un gioco grafico geometrico e astratto.
Su suggerimento del docente lo scatto è stato realizzato per evidenziare il contrasto tra un’architettura moderna, leggera e aleatoria rappresentata dal vetro, e un’architettura neoclassica, pesante e massiccia, identificata nel colonnato.
Anche qui questa contrapposizione concettuale è rafforzata dalla contrapposizione compositiva. Il palazzo di vetro si confonde con il cielo, i contrasti accentuati ingabbiano il cielo nella geometria della struttura. Palazzo e cielo creano uno sfondo che sembra materializzarsi pian piano fino a scendere verso la struttura del colonnato, forte presenza che si posiziona quasi timidamente per sorreggere la scena e diviene, così, protagonista di essa.
Qui l’effetto grafico è predominante, bianchi e neri accentuati, mezzitoni ridotti e struttura regolare, compongono una scena piatta, ridondante, senza nulla da dire ma proprio per questo pronta a dire qualsiasi cosa. E’ una griglia quasi irreale, uno sfondo grafico, un campo di azione deserto. Sembra mancare totalmente la contestualizzazione. Ma è un palazzo, è un contesto.
Luci, ombre e ostacoli.
Il gioco di ombre genera una geometria che bilancia la colonna posta in primo piano, un elemento che sembra intromettersi alla vista ma che radica nel reale un contesto altrimenti solo grafico. Nascondiamoci dietro la colonna e ammiriamo la luce.
Questa foto gioca con l’osservatore o almeno ci prova. E’ stata scattata volutamente senza la scelta di un soggetto, è ricca di linee direttrici ma nessuna è preponderante, la vista rimbalza, si muove ma non trova stabilità. Piani contrapposti portano ad indagare con lo sguardo, si cerca un appiglio che manca.
Il soggetto è lo stesso delle prime foto. Qui ritratto da lontano, protagonista di un’incursione nello spazio vuoto dello sfondo. La composizione fa si che l’altezza del palazzo raggiunga i due terzi del campo, genera equilibrio, staticità. Non sappiamo quanto è alto il palazzo, non ci interessa. Importante è il suo rapporto con lo spazio, la solitudine che trasmette, solo, intorno il nulla.
Lo scatto migliore. La verticalità della struttura è evidente, luci e ombre generano un ritmo visivo che muove lo sguardo e lo accompagna verso un elemento apparentemente piccolo, inutile. Ma è l’uomo il vero protagonista, colui che ricontestualizza un ambiente altrimenti veramente metafisico, irreale. Il ritmo di linee verticali ed orizzontali, la prospettiva, lo scandirsi di luci ed ombre..Tutto interrotto da una piccola dose di caos, un uomo in movimento, una forma organica, un intruso mobile nella regolarità immobile. Le colonne in primo piano incorniciano una scena statica e dinamica, creano un campo di azione dove elementi grafici si fondono ad elementi veri, naturali. Senza l’uomo avremmo apprezzato l’architettura asettica, repulsiva. Con l’uomo viviamo quell’architettura, quello spazio.
Fotografie – Notturno
Nell’incontro notturno mi sono lasciato ispirare dal momento, non ho optato per una poetica comune ma in base alla scena che avevo davanti ho colto le mie sensazioni e cercato di offrire il mio punto di vista.
La scena ha un duplice obiettivo. Da un lato ho voluto risaltare l’eterogeneità del contesto urbano romano, ho voluto rappresentare un ambiente infinito dominato da tetti, cupole, campanili…Lo sguardo si perde tra i mille dettagli che nell’insieme creano uno sfondo, un palcoscenico entro il quale si gioca il secondo intento della foto. La rappresentazione di ciò che avviene in prossimità della statua. Due ragazze intente a fotografarsi, una in una posizione assunta ad hoc, l’altra con la macchinetta in mano, entrambe in abiti eleganti che ben si abbinano all’atmosfera del luogo. La scena apparentemente goliardica e leggera si contrappone alla drammaticità di quella rappresentata dalla statua. E’ proprio questo contrasto che mi interessava riprendere, un contrasto fatto di pose, un contrasto di genere, di atteggiamenti, un contrasto storico. E come palcoscenico la capitale.
In questo caso ho giocato sull’uso del telobiettivo. L’effetto visivo che si ottiene allontanandosi dal soggetto e riprendendolo zoomando, è un effetto di appiattimento dei piani, la cupola sembra più vicina alla ragazza di quanto lo sia in realtà.
Ancora una ripresa dei tetti di roma, stavolta a colori, per mettere in risalto le luci calde e quelle fredde. Le fronde degli alberi incorniciano la scena e tengono a debita distanza l’osservatore dal panorama. C’è stato un attento lavoro di post produzione per ribilanciare le diverse luci e conferire il tono giusto alla scena.
Scattate in un uscita successiva a quella del workshop, per approfondirne le tematiche ed esercitarmi sulla ripresa delle luci in situazioni difficili.
Entrambe le foto cercano di restituire una luce quasi irreale, dai toni magenta e arancioni, un’atmosfera sabbiosa con un fascino particolare. Ho cercato di rappresentare come gli individui si rapportano alla struttura, fissandone i movimenti e le staticità.
La foto è un ulteriore esercizio per cercare di bilanciare le luci di diversa natura presenti nella composizione. Ho utilizzato i settaggi manuali di cui ci aveva parlato il docente, settaggi sia per quanto riguarda la temperatura sia per ciò che concerne la tonalità. Grazie proprio a questi settaggi scelti in fase di pre-scatto, non è stato necessario un forte intervento in post produzione.
Una foto che nasce da un errore. In un altro scatto avevo urtato sul treppiede ma prontamente lo avevo riposizionato. Il tutto era avvenuto durante la fase di scatto, eseguita con tempi molto lunghi. L’effetto era quello di una foto mossa ma con la particolarità di mantenere un senso di staticità irreale.
Ho cercato, quindi, di riprodurre l’effetto ma in maniera controllata, lavorando sui tempi di esposizione e sul grado di inclinazione da imprimere alla macchina fotografica per un tempo ridotto, per poi riportarla al punto iniziale.
L’effetto che ho ottenuto è un mosso che sembra una doppia esposizione. Le luci sembrano colare ma tutto il resto rimane immobile.
In questo caso mi interessava lavorare sul contrasto tra la ragazza quasi immobile seduta sul gradino e la gente in movimento tutta intorno. Purtroppo ho scelto dei tempi di esposizione troppo lunghi e le persone sembrano essere fantasmi senza forma. Per quanto riguarda i toni della scena, c’è stato un lavoro serio di post produzione per togliere una forte dominante magenta e per differenziare in maniera corretta i toni delle varie luci.
Qui mi interessava osservare l’effetto che avrei ottenuto utilizzando dei lunghi tempi di esposizione per ritrarre il movimento dell’acqua.
Una foto un po’ anonima, non cerca di dire nulla in particolare.
Gabriele Porrelli ha detto a proposito del Workshop:
Quanto all’esperienza posso dire di essere rimasto pienamente soddisfatto. Personalmente mi sono avvicinato alla fotografia da poco, ho sempre scattato come scatterebbe qualunque turista ma solo recentemente ho capito che nella fotografia si può scattare per due motivi: per dire di esser stati in un posto, di aver vissuto un’esperienza oppure per dire non cosa ma come. Questo workshop mi ha aiutato a sviluppare il mio “come”. Approfondendo anche da autodidatta il perché fotografare mi sono interrogato molto sulla poetica, sul perché si scatta, sul cosa si vuole dire e come lo si vuole dire. Soprattutto mi sono chiesto perché dirlo. Beh, mi sto sempre più rendendo conto che dal modo in cui si scatta una foto, traspare in maniera incontrollata, automatica, passiva, il modo in cui vediamo e viviamo il mondo e questo non lo si imprime consapevolmente su una fotografia. Traspare.
Ho capito quanto sia importante osservare prima di scattare, analizzare ciò che abbiamo davanti e magari decidere di non scattare.
Ho capito quanto la conoscenza tecnica sia importante per poter tradurre in immagine ciò che la mente elabora, frutto dell’interpretazione della realtà che osserva.
Il workshop mi ha invogliato, soprattutto, ad aprire lo sguardo a prospettive nuove e a entrare nella scena per poterne apprezzare tutte le sue sfaccettature.
Più di tutto, mi ha fatto piacere interfacciarmi con un professionista e con il suo modo di trattare la fotografia.
E’ un piacere condividere le mie impressioni e i miei scatti,
vi ringrazio.